“Niente sarà come prima”: messaggio pasquale dell’Arcivescovo Piero Coccia

II coronavirus ha colpito violentemente il nostro territorio con un numero di decessi e di contagi impressionante in rapporto al totale della popolazione. Siamo la provincia più colpita delle Marche. Molte persone ci hanno lasciato in maniera improvvisa, altre stanno lottando tra la vita e la morte negli ospedali, altri ancora vivono con il fiato sospeso una quarantena dagli esiti incerti. Anche la nostra Arcidiocesi piange la scomparsa di sacerdoti (quattro), di diaconi e di collaboratori. Mai, come in questo anno, possiamo contemplare nel volto di Gesù crocifisso l’umanità martoriata nel corpo e nell’anima da questa drammatica pandemia planetaria. Mai come in questa Pasqua siamo chiamati tutti a riconoscere quanto sia reale e concreto il nostro bisogno di rinascere, di essere rigenerati, di trovare qualcosa o qualcuno che ci salvi.

COMUNITA’. Un bisogno che vediamo espresso nello straordinario sacrificio con cui il personale sanitario si dedica alla cura dei malati; nella instancabile ricerca da parte della scienza di un nuovo vaccino; nell’impegno delle autorità a individuare difficili vie d’uscita e di risalita; nell’assoluto altruismo con cui tanti volontari stanno operando per aiutare i più bisognosi; nella responsabilità con cui le famiglie stanno vivendo disagi di ogni tipo; nelle varie forme con cui si cerca di confortarsi e di mantenere viva la speranza. La città sta reagendo con grande responsabilità, anche grazie all’impegno corale di tutte le istituzioni presenti sul territorio. Questa difficile emergenza sta mostrando ancora una volta di quale “pasta buona” sia fatta la nostra gente. Anche la Chiesa di Pesaro si è fortemente coinvolta in questa inedita emergenza, attraverso la preghiera, la vicinanza alle persone in difficoltà, la condivisione del dolore delle famiglie colpite dalla malattia o dal lutto dei propri cari. I parroci, con sorprendente fantasia pastorale e con i mezzi della tecnologia, non hanno cessato di essere vicini alle loro comunità ed alle persone più duramente provate. In un momento di smarrimento generale, come sempre, la Chiesa ha mostrato di esserci. Anche a livello locale. Di tutto ciò siamo grati al Signore.

FUTURO. In questi lunghi giorni di fermo obbligato, fa impressione sentire ripetere da molti il mantra del “Nulla sarà come prima”. Lo si ripete a proposito delle famiglie che hanno subito perdite umane; delle strutture sanitarie sovraccaricate di lavoro; degli istituti di credito chiamati a fronteggiare situazioni nuove; delle imprese che prima hanno rallentato e poi hanno visto fermare la propria attività; dei molti settori produttivi che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani; delle istituzioni chiamate a costruire in forma sempre più convinta quel bene comune in cui la salute dei cittadini è al primo posto.

Nessuno però conosce il futuro che ci attende! Neanche io! Nel mio cuore però, come pastore, coltivo un desiderio che mi auguro diventi realtà. L’esperienza del coronavirus con il “Nulla sarà come prime”, generi una capacità di riconoscere quanto sia preziosa la vita con tutti i suoi doni: la salute, gli affetti, le sane passioni, la bellezza, il benessere, le strutture di cui poter usufruire, ecc. Ci renda consapevoli di quanto quotidianamente ci è donato e di quanto la “vita sia bella”. Ci faccia apprezzare il bene che ci è donato e che non sempre stimiamo a sufficienza. Una riflessione a questo riguardo si impone a tutti. Il coronavirus con il “Nulla sarà come prima”, aumenti in noi il senso della comunità cioè la capacità di uscire dal nostro isolamento per guardare all’altro, magari al vicino di casa, che si trova nel bisogno. Ci renda coscienti di quanto sia decisiva l’esperienza della solidarietà a tutti i livelli, specie in certi passaggi difficili che la storia ci riserva. Ci renda capaci di comprendere, come Papa Francesco ci ricorda, che quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza. Il coronavirus con il “Nulla sarà come prima”, crei sentimenti di bontà e di fraternità verso tutti, superando cattiverie, vendette, odii. La vita è un percorso troppo breve per lasciarci prendere da tanti risentimenti. Essa è una partita che giochiamo una volta sola e per di più senza tempi supplementari. Non può trovarci “rancorosi” verso gli altri. Ne va di mezzo il bene nostro e ed altrui.

BENEDIZIONE. Il coronavirus con il “Nulla sarà come prima”, ci faccia rendere conto che il nostro vissuto è segnato da vulnerabilità. Il delirio di onnipotenza rischia di farci sentire invincibili e ci spinge a camminare oltre il confine. Dobbiamo però fare i conti con la realtà la quale è segnata dal limite, di cui la sofferenza e la morte sono l’espressione più compiuta. Fino a poco tempo fa procedevamo sicuri di noi stessi in una condizione umana che ritenevamo di poter dominare. Ora non è più così. Siamo “costretti” a riscoprire il senso del limite, stabilendo, la gerarchia dei beni e dei valori essenziali su cui reimpostare la vita. Infine una considerazione. La drammatica emergenza in cui ci troviamo ci “obbliga” a riscoprire la fede nel mistero del Cristo che con la Pasqua di morte e Risurrezione da compimento al mistero dell’umano. Abbiamo bisogno come non mai della fede. Papa Francesco, nella preghiera recitata i giorni scorsi in una piazza San Pietro deserta, ci ha esortato a considerare questa pandemia non come un giudizio divino, ma come un richiamo a prendere atto della nostra fragilità, ad accorgerci che nulla è scontato e che tutto è dono, a sentirci più fratelli e a rivitalizzare la nostra fede nel Signore al punto di poter dire con San Paolo: “Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Gesù Cristo nostro Signore”. Credendo e vivendo ciò, “Nulla sarà come prima”! Buona Pasqua a tutti! Con la mia paterna benedizione. (+Piero Coccia – Arcivescovo di Pesaro)